• Arcade Coffee
  • Posts
  • Il DLC di Elden Ring è troppo difficile perché sei un infedele!

Il DLC di Elden Ring è troppo difficile perché sei un infedele!

Gli Swifties del gaming

In questi giorni si sta parlando dell’atteso DLC di Elden Ring: Shadow of the Erdtree. Parte della critica lo ha già apostrofato come uno dei migliori DLC della storia del gaming. FromSoftware ha realizzato una così generosa mole di contenuti che Shadow of the Erdtree sembra quasi un nuovo gioco. Nel presente dell’industria non è poi così scontato, soprattutto quando si parla di opere che si sono già spese profusamente, diventando il campione di critica e pubblico. 

Il DLC non è però immune alle critiche. Alcuni hanno ironizzato sulla dinamica scelta per permettere ai giocatori di accedere al DLC (già di per sé una piccola avventura), altri hanno puntato il dito sulle orribili performance su PC, ma il vero pomo della discordia è la difficoltà dell’espansione. A quanto pare Shadow of the Erdtree è molto più tosto di Elden Ring e molti giocatori sembrano decisi a droppare la loro run, mentre altri chiedono spiegazioni a FromSoftware. 

Premessa: non scrivo per parlare di difficoltà nei videogiochi. Voglio affrontare l’irritante seguito religioso che accompagna i titoli FromSoftware, perché se nella musica esiste Taylor Swift, nel gaming abbiamo i Soulslike. 

Basta navigare qualche minuto online per trovare mature e ben argomentate dichiarazioni quali: “I giochi di FromSoftware non sono fatti per le masse! Se non sapete affrontare la difficoltà dei Soulslike, non giocateli.”

Elden Ring è un titolo che trasforma i fan di FromSoftware in bestie bipolari. Il perché è presto detto: è un’opera summa di tutta l’esperienza della casa giapponese con i vari Souls, una sorta di ben bilanciato compromesso che ha permesso a veterani e nuovi giocatori di affacciarsi al genere per godere di uno degli Open World più affascinanti mai creati (perdonando molte ridondanze di design.) 

Questo è un bene, ma anche un male.

Perché?
È presto detto: “I giochi di FromSoftware non sono fatti per le masse!”

Peculiarità e pecche dei Souls compongono quella strana alchimia che danno vita a titoli che chiudono la porta in faccia a tanto pubblico per via della loro difficoltà; spesso ricercata tramite un gameplay tecnico, mentre in altri casi artificiosamente creata in maniera disonesta verso il giocatore. 

Ne siamo venuti tutti a patti, poiché sostanzialmente è una ricerca stilistica che ha creato un genere. Certo c’è anche da dire che alcune volte i titoli puniscono ingiustamente il giocatore con colpi che arrivano attraverso colonne e pareti. Ci sarebbe anche da aggiungere che poi esiste un titolo come Sekiro che per quanto complesso è, tutto sommato, una sfida pulita e leale verso l’utente al quale si presenta. Sekiro va un po’ a smontare le fissazioni del purista dei Souls disposto a negare ogni difetto. 

Torno però al punto, perché non voglio creare tangenti: per quanto ogni genere, soprattutto quando ha spiccate peculiarità, tende a creare una sua nicchia di pubblico, non è razionalmente accettabile fare discorsi elitari di questa natura. 

Trovo infantile, e un po’ patetico, questo mito del club esclusivo dietro i Souls e Elden Ring fa un po’ cadere la faccia a chiunque ne sia stato entusiasta sostenitore. Credo che i religiosi amanti dei Souls provino fascinazione per l’elemento meno interessante dei titoli FromSoftware. 

Le opere della casa giapponese sono spesso particolarmente interessanti per la profondità del mondo di gioco e per un gameplay, alla base è un action adventure, la cui Lore e narrazione indiretta porta il giocatore a immergersi nell’avventura. I mondi di FromSoftware sono ammalianti, le avventure offrono ampie possibilità di essere rigiocate e interpretano il concetto di avventura attraverso una prospettiva unica, offrendo tutto quello che un titolo solare come The Legend of Zelda non può dare. 

Il gameplay vuole spesso essere skill based, proponendo una sfida che ci riporta alle origini del gaming, ovvero: l’idea di misurarsi con qualcosa imparando a fare i conti con i vari nemici, con le differenti situazioni offerte dalle aree e dai boss, e con un sistema RPG che permette la costruzione di build sempre diverse e fresche. La rigiocabilità nei Souls non manca: sia questa per la soddisfazione di misurarsi nuovamente con il titolo; per la voglia di scoprire aree inesplorate; per la curiosità di provare altre build; e per la voglia di masterare il gioco. 

Questi elementi possono esistere oltre gli elementi che rendono spesso i Souls difficili in modo frustrante. Sekiro ne è dimostrazione. Elden Ring ne è ulteriore prova. Perché nel momento in cui vai a realizzare un titolo come Elden Ring, hai chiaramente in mente l’idea di accogliere un bacino di giocatori più ampio rifinendo il gameplay, alleggerendo il sistema di gioco da alcune dinamiche grezze per creare un nuovo punto di ingresso verso le esperienze FromSoftware. 

Amare i Souls a ogni costo non rende speciali, come non rende particolarmente brillanti abbracciare in toto criticità tecniche di opere imperfette dove PARTE della difficoltà è viziata da trucchi e disattenzioni tecniche. 

I Souls non sono per un club ristretto di eletti capaci di sopravvivere alla loro difficoltà, non c’è nessuna medaglia. Sono opere parte di un genere ben definito, con dinamiche peculiari e difetti che possono essere rivisti e rimaneggiati per creare esperienze più pulite e avvincenti. 

In aggiunta bisogna dire che con la crescente mole di emuli, serviva qualcosa che mettesse un punto su chi è il Re e chi invece cerca di rincorrere. Elden Ring non è un titolo di nicchia e se il DLC sta mettendo in grande difficoltà l’utenza che ha giocato l’opera e ne ha goduto profusamente, evidentemente FromSoftware deve aggiustare il tiro e bilanciare l'esperienza.